1993 - Compiti vari del responsabile Marketing
Tra i compiti meno piacevoli del mio nuovo, indaffaratissimo lavoro c’era la revisione salariale relativa ai miei collaboratori. Io dovevo fornire all’Ufficio Personale le mie personali, riservate opinioni su eventuali promozioni e aumenti salariali. Mesi prima della scadenza si partiva con estenuanti, chilometriche conversazioni private ed individuali, dove in particolare i product manager, il capo del customer service e il capo dell’ufficio tecnico analizzavano a quattr’occhi con me la situazione per loro stessi e per i loro diretti sottoposti, ovviamente per chiedere sempre qualcosa di più, aumenti monetari, aumenti nel numero dei collaboratori, fringe benefits vari, per esempio il cambio dell’auto aziendale (a proposito, Dideco aveva un parco auto principesco, data la a suo tempo non felice decisione di dare una auto aziendale ad ogni quadro), corsi di lingue e chi più ne ha più ne metta.
Mi feci in fretta la fama di chi prometteva e poi non manteneva, anche se mi dilungavo a spiegare che il mio potere decisionale in materia era abbastanza ridotto, e doveva coordinarsi con il potere ben più ampio dell’Ufficio del Personale.
Ciò fu facilmente frainteso alcune volte dai miei collaboratori, che vista la mia assenza di reazioni andavano a piangere sulla spalla di Domenico Scarfì, al quale piaceva anche ritagliarsi una politica di capetto nei confronti di altri servizi aziendali ed ammiccava, ammiccava …
A onor del vero bisogna aggiungere che lui era sottoposto ad ogni tipo di pressione dall’esterno come dall’interno dell’azienda: la Dideco veniva considerata un faro più che una azienda, il livello salariale era sicuramente superiore alla media nell’area mirandolese e la gente era disposta a fare carte false per venire a lavorare lì.
Da Chierici mi proveniva invece ogni anno un incarico di grande soddisfazione, e cioè la preparazione del Commentario Marketing al Budget delle Vendite dell’anno successivo: questo documento veniva approntato verso giugno, sulla base di una miriade di dati di mercato che venivano raccolti dal sottoscritto nei primi sei mesi dell’anno. Era fondamentale avere il polso del mercato mondiale, paese per paese, per capire come cresceva o non il business.
Molti dati sulle dimensioni del mercato e sulla concorrenza ci venivano forniti dalle nostre filiali e dai nostri agenti di vendita, quasi sempre a malincuore, poiché loro vedevano in ciò non solo una scocciatura, ma anche un modo più o meno diretto di essere controllati. Spesso inoltre le loro informazioni erano incomplete ed inesatte.
Allo scopo mi fu estremamente utile la collaborazione di un bocconiano neo-assunto, Stefano Bravi, che poi venne utilizzato anche in una serie di attività complementari di marketing.
Con Ricerca & Sviluppo i rapporti furono sempre abbastanza problematici, al di là dell’amicizia giovanile con Ivo Panzani (e Leonardo Bigi, il quale non era solo responsabile del laboratorio chimico, ma svolgeva una sua separata attività di ricerca su vari progetti, ed era spesso accusato di trascinare tutto troppo per le lunghe). Fortunatamente la collaborazione verteva su elementi fortemente tecnici che da me venivano demandati agli “esperti” Andrea Menghini e Andrea Zanella.
Inoltre Panzani, per un malinteso spirito di corpo (erano due “ingegneri”), lasciava ampio spazio operativo al suo collega di Saluggia, il quale apparentemente:
Non ultimo, lui, che già da anni insieme ai suoi collaboratori era un buon manovratore nei corridoi romani per ottenere finanziamenti a babbo morto per progetti puramente teorici (abbiamo già accennato al famoso cuore artificiale, per es.), riuscì a trascinare anche noi in un progetto per un nuovo costosissimo ossigenatore, quando noi sapevamo che il mercato stava andando, dopo anni di vacche grasse, esattamente nella direzione opposta, cioè verso prodotti affidabili ma economici.
Al massimo avremmo potuto ottenere un finanziamento statale e nulla più, che comunque non avrebbe compensato la perdita di tempo e di energie .
Nel corso degli anni i perfusionisti (i vecchi “pompisti”) erano riusciti a ritagliarsi un importante e ben definito ruolo nella sala operatoria; i loro rapporti con le ditte produttrici di materiali avevano fruttato, anche in termini di idee e di nuovi prodotti.
Sulla falsariga delle associazioni statunitensi (c’era un prestigioso meeting chiamato “Patho-Physiology” a San Diego ogni febbraio, seguito dalla grande kermesse primaverile dell’AMSECT (1), alla quale anch’io partecipai nel 1993 a Dallas) i perfusionisti europei avevano creato anche una loro associazione, l’ECECT, che tenne il congresso biennale nel 1993 ad Arles in Provenza, in una splendida cornice.
Medtronic, gigante indiscusso nella cardiostimolazione, era anche il nostro concorrente principale nel settore più specificatamente cardiopolmonare, avendo una presenza capillare paragonabile alla nostra.
Parentesi innocua: parlando di Mirandola, è inevitabile parlare di Giovanni Pico, la grande, sconosciuta gloria locale.
Giovanni Pico, il nume tutelare di Mirandola, tornò in ballo per il quinto centenario della sua morte: sembrava ieri che a Mirandola avevano celebrato l’anniversario della nascita, nel lontano 1963.
Il comitato organizzatore delle celebrazioni aveva incaricato una giovane professoressa medollese di raccogliere sponsorizzazioni presso le aziende locali, per la stampa del volume degli atti del prestigioso convegno, momento clou delle stesse celebrazioni.
Chi si occupava di queste cose in Dideco era normalmente l’ufficio del personale, ma questa volta fu deciso che se ne occupasse il marketing e alla fine fissammo un contributo in denaro.
Mi feci in fretta la fama di chi prometteva e poi non manteneva, anche se mi dilungavo a spiegare che il mio potere decisionale in materia era abbastanza ridotto, e doveva coordinarsi con il potere ben più ampio dell’Ufficio del Personale.
Ciò fu facilmente frainteso alcune volte dai miei collaboratori, che vista la mia assenza di reazioni andavano a piangere sulla spalla di Domenico Scarfì, al quale piaceva anche ritagliarsi una politica di capetto nei confronti di altri servizi aziendali ed ammiccava, ammiccava …
A onor del vero bisogna aggiungere che lui era sottoposto ad ogni tipo di pressione dall’esterno come dall’interno dell’azienda: la Dideco veniva considerata un faro più che una azienda, il livello salariale era sicuramente superiore alla media nell’area mirandolese e la gente era disposta a fare carte false per venire a lavorare lì.
Da Chierici mi proveniva invece ogni anno un incarico di grande soddisfazione, e cioè la preparazione del Commentario Marketing al Budget delle Vendite dell’anno successivo: questo documento veniva approntato verso giugno, sulla base di una miriade di dati di mercato che venivano raccolti dal sottoscritto nei primi sei mesi dell’anno. Era fondamentale avere il polso del mercato mondiale, paese per paese, per capire come cresceva o non il business.
Molti dati sulle dimensioni del mercato e sulla concorrenza ci venivano forniti dalle nostre filiali e dai nostri agenti di vendita, quasi sempre a malincuore, poiché loro vedevano in ciò non solo una scocciatura, ma anche un modo più o meno diretto di essere controllati. Spesso inoltre le loro informazioni erano incomplete ed inesatte.
Allo scopo mi fu estremamente utile la collaborazione di un bocconiano neo-assunto, Stefano Bravi, che poi venne utilizzato anche in una serie di attività complementari di marketing.
Con Ricerca & Sviluppo i rapporti furono sempre abbastanza problematici, al di là dell’amicizia giovanile con Ivo Panzani (e Leonardo Bigi, il quale non era solo responsabile del laboratorio chimico, ma svolgeva una sua separata attività di ricerca su vari progetti, ed era spesso accusato di trascinare tutto troppo per le lunghe). Fortunatamente la collaborazione verteva su elementi fortemente tecnici che da me venivano demandati agli “esperti” Andrea Menghini e Andrea Zanella.
Inoltre Panzani, per un malinteso spirito di corpo (erano due “ingegneri”), lasciava ampio spazio operativo al suo collega di Saluggia, il quale apparentemente:
- nutriva un atavico scetticismo riguardo a marketing e vendite;
- era convinto che il prodotto dovesse avere una sua intrinseca superiorità e a quel punto sfondava comunque sul mercato, senza bisogno di attività collaterali;
- nell’organigramma di Saluggia era come il Roi Soleil, c’era lui al centro di tutto.
Non ultimo, lui, che già da anni insieme ai suoi collaboratori era un buon manovratore nei corridoi romani per ottenere finanziamenti a babbo morto per progetti puramente teorici (abbiamo già accennato al famoso cuore artificiale, per es.), riuscì a trascinare anche noi in un progetto per un nuovo costosissimo ossigenatore, quando noi sapevamo che il mercato stava andando, dopo anni di vacche grasse, esattamente nella direzione opposta, cioè verso prodotti affidabili ma economici.
Al massimo avremmo potuto ottenere un finanziamento statale e nulla più, che comunque non avrebbe compensato la perdita di tempo e di energie .
Nel corso degli anni i perfusionisti (i vecchi “pompisti”) erano riusciti a ritagliarsi un importante e ben definito ruolo nella sala operatoria; i loro rapporti con le ditte produttrici di materiali avevano fruttato, anche in termini di idee e di nuovi prodotti.
Sulla falsariga delle associazioni statunitensi (c’era un prestigioso meeting chiamato “Patho-Physiology” a San Diego ogni febbraio, seguito dalla grande kermesse primaverile dell’AMSECT (1), alla quale anch’io partecipai nel 1993 a Dallas) i perfusionisti europei avevano creato anche una loro associazione, l’ECECT, che tenne il congresso biennale nel 1993 ad Arles in Provenza, in una splendida cornice.
Medtronic, gigante indiscusso nella cardiostimolazione, era anche il nostro concorrente principale nel settore più specificatamente cardiopolmonare, avendo una presenza capillare paragonabile alla nostra.
Parentesi innocua: parlando di Mirandola, è inevitabile parlare di Giovanni Pico, la grande, sconosciuta gloria locale.
Giovanni Pico, il nume tutelare di Mirandola, tornò in ballo per il quinto centenario della sua morte: sembrava ieri che a Mirandola avevano celebrato l’anniversario della nascita, nel lontano 1963.
Il comitato organizzatore delle celebrazioni aveva incaricato una giovane professoressa medollese di raccogliere sponsorizzazioni presso le aziende locali, per la stampa del volume degli atti del prestigioso convegno, momento clou delle stesse celebrazioni.
Chi si occupava di queste cose in Dideco era normalmente l’ufficio del personale, ma questa volta fu deciso che se ne occupasse il marketing e alla fine fissammo un contributo in denaro.
(1) American Society for Extracorporeal Technology